PAOLO TRIPOLI: VOLERE E' POTERE

Continuano le interviste ai ragazzi del corso allievi fantini di Pisa San Rossore. Una parola è
poca e due sono troppe: questo è in sintesi l'atteggiamento mentale di Paolo Tripoli, un ragazzo
di 18 anni, siciliano di Campobello di Mazara, che non ama molto aprirsi agli altri. Ermetico o timido?
Paolo, chi ti ha trasmesso la passione dei cavalli?
Mio zio e mio padre, proprietari di cavalli.
A quanti anni hai iniziato a montare?
A sette anni: e da quel momento non ho più smesso. Io voglio stare solo con i cavalli.
E la scuola?
Una perdita di tempo per me.
Stai scherzando, vero?
No no, è la verità. Non mi piace proprio.
Ma se diventi famoso, come fai con le interviste se non sei loquace?
(Sghignazza).
Provi a descriverti?
Non ce la faccio.
E sghignazza ancora, probabilmente prova imbarazzo ad aprirsi, ma le idee ce l'ha chiare.
Non vuoi dare riferimenti a nessuno. Ami agire sotto traccia?
Sì.
Come sei arrivato in una scuderia?
A sedici anni parto dalla Sicilia e vado in Francia da Guarnieri per rimanerci due-tre mesi. Dopo una caduta,
che mi ha costretto a stare fermo per un po', ritorno in Italia e vado da Sebastiano Guerrieri, un allenatore
siciliano come me. Sono stato anche da Colella, sempre a Roma. E adesso sto di nuovo da
Guerrieri. Tutti mi hanno dato una grossa mano e il corso mi è servito tanto.
Com'è lavorare in scuderia?
Faticoso, ma meglio che andare a scuola.
I cavalli sono la tua vita?
Sì, io sto bene solo con loro. Non vedevo l'ora che facessero il bando per diventare un
fantino. Volere è potere e ce l'ho fatta.
Al corso hai fatto amicizia con qualcuno?
Con Kledi Tarascio, un mio conterraneo, e Leonardo Cangiano.
Chi ammiri dei jockey italiani?
Lanfranco Dettori, Cristian Demuro, Dario Vargiu e Antonio Fresu.
Come te la immagini la corsa del debutto del 17 aprile?
Partire tranquillo e affrontare la retta d'arrivo in progressione e aumentare la velocità.
Se vinci a chi la dedichi?
A mio nonno. Quando era in vita gli raccontavo qual era il mio sogno e lui mi dava
coraggio.
Chi vuoi ringraziare per essere arrivato fino a qui?
Solo me stesso.