QUELLI CHE VINCONO: IL GALOPPO DI STEFANO BOTTI

10/01/2025

Un predestinato. Quindici scudetti vinti da gentleman rider, sette da allenatore. Figlio d'arte. Stefano Botti, trainer di successo, appartiene ad una famiglia che sta monopolizzando ormai da mezzo secolo il galoppo italiano. Il Centro di Cenaia la sua base. Nel 2024 si è imposto nella classifica allenatori su Endo Botti- Cristiana Brivio e Bruno Grizzetti.

Stefano, fare l'allenatore è stata una scelta obbligata?

Non è stata una scelta obbligata. Quando facevo il gentleman preparavo già i miei cavalli. Posso dire che è stata una scelta naturale. Desideravo fare questo mestiere.

Tu sei figlio di Alduino, fratello di Marco che lavora in Inghilterra. Cugino di Endo e Alessandro, quest'ultimo allena da anni in Francia. Tuo zio è Giuseppe Botti. Più che una famiglia sembra un clan. In Europa non ci sono famiglie così radicate come la vostra. Giusto?

Sì, penso che sia un record.

In Italia tu sei il leader della categoria. Quanti cavalli possiedi?

Tra puledri e cavalli in corsa circa 250.

Su chi scommetti in questo momento tra i tuoi allievi?

Per quanto riguarda i maschi il due anni Lao Tzu, figlio di Kodiac, e per le femmine Sun Never Sets, seconda alle Oaks e al Lydia Tesio.

Quando montavi quale era il tuo cavallo del cuore?

Glacial Dix su tutti.

Quanto è stressante per te stare sempre sulla cresta dell'onda?

E' molto stressante perché devi dimostrare tutti i giorni il tuo valore. Bisogna fare il “callo” alle critiche, ma capisco che fanno parte del gioco.

A proposito di critiche: come reagisci?

Le critiche sono costruttive se fatte nella maniera giusta e nei toni corretti. Se poi sono fatte da persone che sanno quello che stanno dicendo e stimo, le ascolto volentieri, mentre ignoro quelle campate in aria.

È un lavoro che ti assorbe completamente?

Sì. Proprio per i motivi che ti do detto e poi perché il numero dei miei allievi è enorme. Mi guardo le corse in tv. Quello è fondamentale. Oltre all'ippica non ho tempo per molto altro. Forse per tifare la Juventus.

Qual è il tuo pensiero in merito al momento difficile che sta attraversando l'Ippica italiana? Sul declassamento o l'eliminazione di Gran Premi o Listed?

E' la politica che deve darci delle risposte. Anche noi abbiamo bisogno di punti di riferimento a cui aggrapparci. A volte manca questo.

Mi racconti il tuo rapporto con i fantini con cui hai collaborato o collabori?

Un fantino fisso non ce l'abbiamo. Ho avuto rapporti con Mario Sanna, che ha buone mani per determinati cavalli. Con Dario Vargiu. Dario Di Tocco. Adesso collaboro con un ragazzo che sembra che abbia la stoffa per fare questo mestiere: Maikol Arras. Per me una promessa.

Visto che hai montato per te è più facile comunicare con i fantini?

Aver corso in passato è un vantaggio. Infatti, ho perfettamente chiara la percezione di quello che prova un professionista in corsa. E' anche vero che quando un mio collaboratore trova scuse o alibi a un errore che ha commesso, lo scopro subito. Tengo tutto sott'occhio.

Dopo tanti obiettivi centrati, qual è il tuo sogno?

Portare avanti la tradizione di famiglia, arrivata in totale a cinquanta scudetti, anche se non sarà un'impresa facile. Il materiale a disposizione forse è un po' più scadente del passato. Continuare a confrontarmi con mio padre che resta il mio mentore e vincere all'estero. Per il resto posso ritenermi un uomo fortunato, faccio il lavoro che ho sempre sognato di fare. Mi sento un prescelto, inutile negarlo.

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