LE STORIE QUELLE BELLE: GIANCARLO BALDI, LE MANI MAGICHE DELL'IPPICA

La storia che vogliamo narrare questa volta ci emoziona particolarmente perché è un figlio innamorato del padre a farlo. E non è una novità. Ma Lorenzo Baldi, driver di razza, traccia la figura del padre come un fiume in piena attraverso aneddoti e storie coinvolgenti. Lo sportivo lo conoscono tutti e le “magate” del pioniere Giancarlo Baldi soprannominato “Tamberino” sono nei filmati storici, ma chi era nella sua parte più intima, meno.
E’ quasi un anno che se n’è andato, era il 23 dicembre del 2023 a 90 anni, e il nostro Lorenzo risponde con gentilezza e disponibilità alle nostre domande orgoglioso di parlare di un padre a cui deve tutto.
Lorenzo, un anno senza di lui. Che cosa ti manca di più?
Tornare a casa e non vedere la luce accesa. Lui abitava sotto di me con la badante. Quando rientravo da una giornata di corse andavo subito da lui. Anche se gli ultimi tempi non era più tanto lucido, la mia giubba in tv la riconosceva sempre. E’ stato il mio punto di riferimento, il maestro di vita. Un ottimista e sognatore. Ho cercato di renderlo orgoglioso dell’uomo e professionista che sono diventato, grazie ai suoi preziosi suggerimenti. Mi manca vederlo passeggiare per il nostro centro di allenamento La Pradona.
Quanto siete diversi?
Lui era genio e sregolatezza, aveva una grande capacità di adattarsi a tutti i cavalli. Era estro allo stato puro. Io sono più calcolatore, un organizzatore. Mi ha insegnato il coraggio. Amavo scrutarlo con ammirazione per perfezionarmi e ho cercato di migliorarmi per andare a compensare quelle che potevano essere le sue lacune, ma sempre con grande rispetto. Lui era lui.
Toscano di nascita, emiliano di adozione. Dove si sentiva più a casa?
Amava la sua Toscana in tutto e per tutto, soprattutto il prosciutto crudo che in maniera certosina tagliava senza fare un solco e mi diceva. Lorenzo mi raccomando taglialo al contrario e con il coltello liscio per non fare scalini.
Ti faceva sorridere?
Era simpatico e aveva la battuta pronta. Era buffo quando prendeva delle fissazioni. Soprattutto quando metteva l’acqua Sangemini per fare il caffè o la utilizzava per cuocere la pasta. Mangiare una mela prima di una corsa se in quella precedente aveva vinto.
Ma la sua passione per l’ippica da chi l’aveva presa? Era figlio d’arte?
Assolutamente no. I fratelli avevano proibito a mio nonno di prendere la licenza per guidare perché aveva un carattere troppo irascibile, avrebbe fatto danni in pista. Ma grazie a “Cincerina”, il padre di Vivaldo Baldi, che lo prese a lavorare con lui che iniziò la sua carriera di driver e allenatore . Fin da subito si mostrò talentuoso e venne ingaggiato dalla Scuderia Biasuzzi.
Qualità principali?
Ha iniziato a correre con validi driver dell’epoca, come Antonio Trivellato, Luciano Bechicchi. Fino a diventare uno dei più bravi del centro Italia. E la concorrenza c’era eccome. Aveva la capacità di portare i cavalli sempre al palo. E poi aveva una particolare abilità con le ferrature. Una vera e propria mania. Era meticoloso a tal punto che ci stava anche un paio d’ore a calibrarle. Come uomo aveva sempre la parola giusta al momento giusto. Aveva vissuto le difficoltà della guerra e aveva assaporato il benessere degli anni ‘70, dimostrando di sapersi adattare al bene e al male.
Chi è stato fondamentale per la sua carriera?
Mamma Margherita che insieme a mia sorella Laura, nata il giorno in cui vinse il Lotteria nel ‘64, le più grandi fan. Ma la mamma lo criticava per motivarlo. Come quella volta che a Milano aveva almeno quattro cavalli favoriti e non si piazzò neanche una volta. Lei si mise a criticarlo per tutto il viaggio di ritorno. Perché hai sbagliato lì, perché qui, perché là. Stette in silenzio fino all’arrivo a casa. La fece scendere e volgendosi verso di me mi disse: le donne falle parlare, così si sfogano. Litigavano ma come si dice sempre, dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna e lei aveva molto ascendente su di lui e un grande senso degli affari. Timothy T, il suo cavallo d’oro, lo acquistò anche grazie a lei e al suo coraggio. Era gelosa perché lui si sentiva un playboy. Litigavano ma poi tornava tutto come prima.
Amici e nemici nell’Ippica?
Migliori amici Paolo Degli Esposti che aveva anche dei cavalli e Luciano Turi, ex gentlemen toscano. Era un buono non aveva persone che gli volessero del male.
Il morello Timothy T tatuato nel cuore?
Assolutamente sì. Grazie a lui vinse prestigiose gare Internazionali. Pensa che era un cavallo zoppo. L’impresa ottenuta al primo Elitloppet, dei due vinti anni ‘74 e’75, ne è la dimostrazione della sua particolare abilità nelle ferrature. Infatti lo mise dritto. Essendo americano gli parlava in Inglese. Hello Boy?
Ce lo racconti un aneddoto?
Come quella volta che mi fece guidare Toujour, cavallo che aveva il record della generazione. Mi disse sgambalo in 2 minuti. Ma gli dissi in 1.17 ed io la feci un pochino oltre il tempo da lui consigliato. Andai in pista e mi sbagliò. Venne verso di me e guardandomi negli occhi mi disse in maniera perentoria che dovevano essere 2 minuti tondi, non un secondo di più o uno in meno. Non mollare mai e provaci sempre. Vai avanti, mi disse.
Che cosa non ha vinto?
Purtroppo il Derby. Andò vicino con Codero di Biasuzzi, ma fu battuto da Nello Bellei con Aprile. Per fortuna ha provato l’emozione grazie a me che ne ho vinti due. Era talmente tanto felice quelle volte che sembrava che sul sulky ci fosse salito anche lui. Soprattutto con Indro Park che lo aveva forgiato. Un amore incondizionato che solo un padre buono come lui può provare.
Mi dici che cosa gli hai promesso?
Che non avrei mai lasciato la Pradona.
E se fosse ancora vivo che cosa gli diresti?
Con la voce strozzata dall’emozione, grazie.
A Dicembre, in occasione della ricorrenza della morte di Giancarlo Baldi, il gruppo Amici del Trotto sta organizzando all’Ippodromo di Bologna una giornata di corse dedicata al grande driver.