BERARDELLI: "PUNTARE SULL'ALLEVAMENTO"

Mario Berardelli
14/03/2025

La nostra volontà, con la provocatoria intervista a Franco Castlefranchi, di suscitare un dibattito ippico costruttivo ha evidentemente colto nel segno. Abbiamo registrato l’intervento di Antonio Viani, Presidente dell’Unione prop0rietari del Galoppo e ora vi proponiamo quello di un collega scevro da interessi economici specifici, ma sicuramente animato da profonda passione e conoscitore come pochi di tutto ciò che ha fatto la storia del galoppo italiano.
 

“Qualche giorno fa, nel corso di una completa intervista rilasciata su questo sito Franco Castelfranchi, molto opportunamente, ha provato a dare una scossa al mondo del Galoppo Italiano. Diciamo che apparentemente sembra essere entrato a gamba tesa o, come ha detto lui stesso, in maniera provocatoria.
Ha fatto bene perché, prima che sia troppo tardi, è importante che il nostro comparto almeno discuta intorno ad alcuni temi che sono fondamentali, anzi sono vitali. Se vogliamo disegnare, attraverso un progetto di ampio respiro, il futuro del nostro Galoppo non si può prescindere dall’avere le idee chiare su diversi temi o argomenti che per forza non possono essere elusi. Franco ha avuto il merito di richiamare all’ordine le menti migliori perché non è pensabile di nascondere la testa sotto la sabbia ulteriormente. È un bene riflettere sul fatto che stiamo rischiando una “medievalizzazione” del nostro Galoppo, già avviato in una sorta di notte buia. Siamo su un crinale pericoloso e Franco ha correttamente elencato molti dei punti che dovrebbero essere oggetto di riflessione per poi però agire. In questo periodo abbiamo la grande chance di poter contare su un completo appoggio della Istituzione di riferimento del nostro mondo ovvero il Ministero Agricolo che ha a cuore le nostre sorti. 

 

Sarebbe grave se il nostro mondo non fosse in grado di rendersi partecipe, volano intellettuale indispensabile, di questo meritorio intento del Ministero, fiancheggiandolo intellettualmente e disegnando insieme i contorni dell’indispensabile progetto di rinascita non più procrastinabile. 
 

Il colto appello di Franco Castelfranchi non può restare esercizio accademico ma deve dare il via ad un moto di partecipazione intelligente  del settore. Non dobbiamo smarrire i nostri fondamentali, dobbiamo ribadirli anche per le nuove generazioni, siamo davvero dinanzi ad un momento fondante per il nostro settore e in particolare per il Galoppo. Sarebbe imperdonabile, Franco lo paventa, non essere artefici del nostro destino. Ne andrebbe davvero del futuro del Galoppo Italiano. 
 

Gustav Mahler ci ha insegnato che il compito colto e intellettuale è quello di tenere vivo il fuoco e non di fare la guardia alle ceneri.  Il Galoppo Italiano, quasi “hegelianamente“, si è periodicamente interrogato e si è dato anche una risposta che ha consentito una sintesi in grado di superare il periodo antecedente disegnandone uno futuro. Lo ha fatto agli albori del 900 quando ha ribadito con convinzione la collocazione imprescindibile del Galoppo in un contesto internazionale, lo ha fatto importando stalloni e fattrici, disegnando un calendario sempre più sinergico con quello europeo. 
 

Magari casualmente ma è stato premiato dai trionfi del cavalier Ginistrelli e non è un caso, ad esempio, se a vincere le prime edizioni di Parioli ed Elena sia stato un “illuminato” Felice Scheibler. Tra le due guerre ecco una delle nostre “Golden Age”, frutto assolutamente di un impegno coltissimo dei nostri grandi operatori: Apelle, Ortello, Crapom, Pilade, Navarro, il Cavaliere (Lui lo ritenne il suo migliore), Sanzio, Archidamia, Nogara, Delleana, Erba, Jacopa del Sellaio, Donatello, Nearco, Niccolò, Bellini fino a Macherio e soprattutto ad Orsenigo fermato solo dalla guerra. Una stagione straordinaria e coltissima  cui è seguita, dopo aver resettato i parametri quella del dopoguerra fino a metà dei 60 : Tenerani, Fante, Nuccio, Botticelli, Ribot, Marguerite Vernaut, Molvedo, Exar, Prince Royal, Rio Marin, Tadolina, Hogart, Appiani…. 
 

Un altro momento Golden che ha preceduto la stagione meravigliosa che ha segnato un ulteriore crescita intellettuale del nostro comparto capace di darsi una dimensione pienamente internazionale, gli indimenticabili anni 70 di Carlo D’Alessio e Carlo Vittadini e non solo, sia ben chiaro, cui hanno fatto da controcanto gli 80 di, solo per citare due cavalli, Toni Bin e Carrol’s House. Per non dire dei 90 e della prima decade dei 2000. Questo discorso solo per ricordare che esiste appunto un fuoco vivissimo che non dobbiamo far diventare cenere… Prima che sia troppo tardi.  
Franco ha toccato tanti e corretti temi. Uno, palpabile, è quello della situazione delle nostre pattern. Ricordo a memoria che ad inizio anni 90 Italia e Irlanda avevano lo stesso numero di pattern mentre oggi....  Ecco perché dobbiamo tenere vivo il fuoco, anzi alimentarlo. Le pattern e le listed italiane di galoppo e la loro situazione di enorme sofferenza sono in effetti cartina di tornasole o termometro di uno stato febbrile alto del settore. Non ci piove ma, attenti, non è accanendosi nel tentativo di cercare una cura per provare a guarire pattern e listed che noi possiamo curare il settore galoppo. Questo sarebbe solo un palliativo e, per me, è errore grande non curare tutto l’organismo del “paziente” galoppo. Se ci riusciremo io credo che automaticamente sparirà anche la febbre delle pattern e listed. Come fare?

Come ho detto prima, attraverso un grande Progetto che sappia disegnare il futuro del comparto. 
È accaduto periodicamente alla nostra Storia:  seconda metà dello 800 con la creazione di Jockey e Steeple fondamentale volano di progresso, poi ad inizio anni ‘30 con la invenzione dell’Unire legato a filo doppio con il Ministero Agricolo, poi ancora a fine anni ‘50 quando, ope legis, fu introdotta la obbligatorietà di supportare al massimo il nostro Allevamento ed infine, seconda metà anni ‘70, quando sospinti intellettualmente e coltamente dalla azione di alcuni nostri proprietari, allevatori e operatori (due nomi impossibile non ribadirli: Carlo Vittadini e Carlo D’Alessio) il nostro mondo del galoppo decise di avere il coraggio di aprirsi al confronto (anche qui un nome coraggioso e determinato: Franco Aloisi Presidente del Jockey) rendendo palestra di confronto tutte le nostre classiche e corse che allora erano solo per noi, anzi per i soli cavalli indigeni. Antistorico al massimo ma Franco Aloisi, non da solo ovviamente, ci aprì al mondo e ciò indusse a riflettere le nostre migliori menti (Franco visse da protagonista quel momento) che seppero disegnare un insieme di interventi che permisero al nostro allevamento, a partire dalla fine degli anni 80, di mostrarsi davvero competitivo come il nostro passato esigeva e come ho evidenziato poco sopra.  

 

Sono stati gli anni, cito a memoria quindi dimenticando magari i migliori, dei nostri allevati Electrocutionist, Worthadd, Falbrav, Le Vie dei Colori, Prince Kirk, Ramonti, Rakti, Blu Constellation, Rip Van Winkle, Slap Shot, Groom Tesse, Gentlemen Only, Tisserand, Pressing, Altieri, fino a Sea of Class, Way To Paris e Regional e ancora chiedo perdono per chi ho dimenticato. Cosa voglio dire? Che se in Italia l’Allevamento è forte e produce campioni ecco che inevitabilmente già nel nostro stesso Paese le eventuali importazioni di puledri debbono avere per forza uno standard molto migliore di quello attuale. Ovviamente in tal caso anche gli ospiti stranieri che vengono a correre nelle nostre corse di selezione debbono essere anche loro dotati di rating ben superiore per poter vincere o almeno piazzarsi .

Sembra l’uovo di Colombo ma è la realtà. Chiaro anche che con frequentazioni del genere, autarchiche o estere, il valore delle nostre pattern e anche listed sarebbe, come è stato fino ancora alla prima decade del 2000, perfettamente in linea con le esigenze richieste per essere gruppo uno, due o tre. 
 

Il nostro Allevamento è stato di alto profilo fino ad inizio anni ‘70 per impegno e investimento del tutto autonomo dei nostri operatori. Dagli anni 70 in poi sono state assolutamente determinanti e salvifiche le Provvidenze all’Allevamento (ricordo stabilite per legge, fine anni ‘50, incorporata nella precedente legge Tesio – Mangelli del ‘42 poi abrogata) che hanno permesso ai nostri Allevatori (meravigliosamente rappresentati dall’ANAC ) di investire  in acquisto di monte e relativi oneri di viaggio o anche proprio in acquisizioni di fattrici o di cavalle out of training aventi determinati requisiti. Fino a quando le Provvidenze sono state operative i frutti sono stati evidenti, da quando non ci sono più la nostra produzione (complice anche la recessione in tema di risorse generali) è drasticamente calata in termini di quantità (circa due terzi) e purtroppo di qualità mettendo in moto al contrario quel meccanismo che invece aveva generato successi. Solo per avere una idea consideriamo che già ad inizio ‘900 il nostro movimento aveva operato sul mercato internazionale e qui penso alla importazione di Signorino, stallone eccezionale per quegli anni in Italia, oppure delle prime strabilianti acquisizioni del Senatore che mostrarono i propri frutti negli anni venti. 
È tuttavia dalla fine dei ‘20 e fino ad inizio guerra che il nostro Turf è stato meravigliosamente internazionale con la sua produzione indigena che prima ho citato, cosi come per il dopoguerra. Abbiamo una grande storia, certo dietro alle spalle, che negli anni ‘70 ed in pieno contesto mercuriano, si è rivelata eccezionale creando una splendida corsa alla emulazione  e teniamo conto dei grandi successi ottenuti da Luca Cumani come allenatore a Newmarket oppure di

Gianfranco Dettori e poi di suo figlio, il gigantesco Lanfranco. 
Anche qui aprendo una strada oggi molto battuta dai nostri operatori e con successo. Le provvidenze all’Allevamento hanno permesso soprattutto gli ottimi anni ‘90 e la prima decade del 2000, i nomi sono ben noti a tutti perché attuali, volendo a quelli fatti prima e non esaustivi ognuno ne potrà aggiungerne ben altri. Questa, a mio avviso, è la strada che potrà far rinascere le nostre pattern e far loro riacquisire l’antico importante rating. Senza ovviamente dimenticare tutti i temi fondamentali sui quali Franco Castelfranchi ci ha chiamato tutti a riflettere e a dibattere (sono ben elencati nella intervista su La Grande Ippica Italiana). Serenamente e con spirito costruttivo.. Torneremo ad emozionarci!”

Mario Berardelli


 

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