MARINO BARTOLETTI: LA CENA DEGLI DEI DELL'IPPICA

"Non lo nego sono un agonista, fedelissimo al motto di Enzo Ferrari che “la vita va vissuta come una competizione”. Mai sottrarsi a una sfida anche quando la ragionevolezza potrebbe suggerire percorsi diversi. E figuriamoci quando questa “sfida” mi è stata proposta in un vero e proprio contesto competitivo".
Questo è il Marino Bartoletti pensiero, giornalista molto conosciuto e scrittore, direttore di testate sportive, che si è affacciato in passato alle corse dei cavalli, dimostrando capacità e una certa attitudine alla guida.
Marino, dalla classifica di Sanremo alla sua personale preferenza degli sport che ama raccontare.
Devo dire che negli ippodromi mi sono divertito molto. Vista la vicinanza alla mia Forlì ho avuto modo da bambino di andare a vedere i cavalli al Savio di Cesena. Poi da adulto ho continuato a trascorrere qualche bella serata estiva con le gambe sotto al tavolo per gustare dei gustosi cappelletti, una fumante piadina e come contorno qualche “puntata” da novizio.
E gli scommettitori qualche volta avranno puntato su di lei: come e quando è avvenuto il suo battesimo in sulky?
Anno 1987. Ero appena diventato direttore del Guerin Sportivo e il patron del Savio Tomaso Grassi mi chiese se fossi interessato a partecipare a una corsa al trotto riservata ai “vip”. Iscritti ciclisti, motociclisti, pugili, attori più o meno navigati. Un paio di lezioni pomeridiane e sarei stato pronto per l'iniziazione. Quella prima volta mi affidarono Fezzano G, considerato un outsider. Incredibile ma vero, vinsi io. E mi sono ripetuto l'anno successivo.
Da quel momento ha cominciato a crederci?
A tal punto che ho preso la patente da gentleman. Per qualche anno ho corso in diversi
ippodromi italiani e ho vinto una volta anche la classifica della categoria. Mi immaginavo già il frustino d'oro tra le mani. Emozione che durò un tempo di trotto, perché venni retrocesso per una irregolarità che commisi ad Agnano, una “ruotata” data inavvertitamente a un avversario.
Quali emozioni suscita guidare un cavallo?
E' difficile raccontarlo a persone che non lo hanno mai provato. Il rapporto fisico del cavallo che non ha freni o acceleratore provoca un'emozione irrefrenabile. Il respiro di questa creatura coordinato al rumore dei suoi zoccoli è una musica che va di pari passo con il battito del proprio cuore. Per arrivare ad un'esplosione prorompente di adrenalina al traguardo.
Anche Marco Pantani, un suo caro amico, è sceso in pista per correre al trotto?
Sì, aveva appena vinto quell'anno Giro d'Italia e Tour de France e Tomasi mi chiese di
organizzare una corsa per promuovere l'ippica. E pensai subito al Pirata. Non fu per lui una
corsa fortunata. Ruppe subito dopo lo stacco della macchina. Credo che non se ne accorse
nemmeno.
Lei ha una grande capacità di raccontare la bellezza e la poesia dello sport del passato. E quello presente quanto è cambiato?
Adesso la cronaca e i racconti sono più algidi, più legati ai numeri, alle tattiche e agli schemi. Io ricordo ancora i salti fatti di magia dei fratelli D'Inzeo a Roma che monopolizzarono i due gradini più alti del podio.
Prendendo spunto dal suo libro geniale “ La cena degli dei”, in cui racconta una cena
organizzata in paradiso da Enzo Ferrari dove invita personaggi che hanno fatto la storia, se dovesse invitare qualcuno dell'ippica quali sarebbero i suoi ospiti?
I miei miti di gioventù e non solo: Sergio Brighenti, Vivaldo Baldi, Tomaso Grassi e perché no, anche Tornese e Crevalcore.
Segue ancora il mondo dei cavalli?
Indirettamente sì, grazie a mia figlia Caterina che ha fatto il “completo” fino a 17-18 anni.
Passione per l'equitazione che ha trasmesso a sua volta a sua figlia Alice che ha 12 anni. Sono contento di averle trasmesso l'amore per queste creature.
Di cosa ha bisogno l'ippica per far innamorare ancora la gente?
Quando ero direttore di RaiSport ho dato in più di un'occasione spazio alle corse dei cavalli con servizi, approfondimenti e dirette. L'ippica ha bisogno di recuperare la sua identità persa in un momento dove tutto sembrava facile e scontato: e soprattutto bisogna fare in modo di meritarlo di nuovo l'Olimpo.