DI PAOLA (FISE): EQUITAZIONE E IPPICA, CONVERGENZE PARALLELE

Marco Di Paola presidente della federazione Italiana Sport equestri (foto dal sito FISE)
24/02/2025

Romano, nato in quel 1968 reso famoso dalla protesta studentesca, ma che evidentemente non ha costituito un ascendente vista la laurea in giurisprudenza con il massimo dei voti. Dal 2017 al timone della FISE, acronimo di Federazione Italiana Sport Equestri, l’ottava Federazione sportiva Italiana per numero di praticanti, dal 2021 membro della Giunta Coni, questo l’identikit di Marco Di Paola, un interlocutore, un uomo di cavalli, sia pure posto sull’altra sponda della passione ippica... 

Un grande amico dell'ippica di tanti anni fa, Giulio Andreotti, parlando di politica coniò il concetto delle "convergenze parallele", un ossimoro fortunato che, leggendo quest'intervista, sembra tornare di grande attualità parlando ancora una volta di cavalli...

Presidente, andiamo subito giù diretti: Equitazione e Ippica, nemici/amici?
“Assolutamente amici, perché condividiamo la stessa passione per il cavallo compagno di sport e quindi condividiamo anche gli stessi valori e gli stessi obiettivi. L’immagine dell’altra sponda mi piace se parliamo di due strade parallele che purtroppo non si incontrano. Noi siamo parte dello sport; l’ippica dell’agricoltura: sono due strade che percorriamo in maniera parallela.”

Cosa dovrebbe prendere l’ippica dal mondo dell’equitazione e cosa, viceversa il mondo dell’equitazione dall’ippica?
“Per noi è facile la risposta: all’ippica invidiamo le scommesse. Se potessi le porterei subito all’interno del nostro sport per poter trarre ovviamente delle ulteriori risorse. Purtroppo è vietato e quindi è un discorso chiuso. Per contro credo che l’ippica avrebbe bisogno di quella filiera di valori che è propria dello sport e soprattutto della componente scolastica. Nell’ippica non c’è una scuola a differenza dello sport dove inizi da giovane, fai una trafila agonistica, scali le categorie e così via...”

Ma è vero che avreste accolto con grande favore l’idea di inserimento dell’ippica nell’alveo del Coni che era spuntata qualche tempo fa?
“Al tempo del Sottosegretario L'Abbate era spuntato un emendamento che trasformava la Fise in un ente pubblico. Era una soluzione in quel momento forse troppo futuristica. Credo che oggi il Ministro Lollobrigida stia lavorando per creare un progetto più specializzato. Il mondo del Sella pur essendo presente all’interno del Masaf rappresenta una parte molto piccola per ciò che riguarda l’attività che si occupa del cavallo, diciamo che siamo intorno al 5%.
L’Agenzia sulla quale si sta cercando di lavorare rappresenta sicuramente la soluzione più adeguata anche per gestire tutte le problematiche tecniche. Entrare nel mondo dello sport per l’ippica significherebbe affrontare cambiamenti importanti e radicali...  far parte di un circuito con regole molto più severe, più rapide. Quello che è successo in queste settimane con il caso Sinner è sotto gli occhi di tutti. Per una leggerezza si deve fermare per tre mesi; bloccare la propria attività... Il nostro è quindi un mondo troppo rigido e troppo sorvegliato. Si pone anche un problema di equità con i sistemi degli altri paesi. Certo per l’ippica potrebbe essere un’occasione per dimostrare i suoi veri valori dal punto di vista sportivo.”

Qualche malalingua sosteneva al tempo che il bilancio dell’ippica avrebbe fatto gola...
“Quello dell’ippica è sicuramente un bilancio importante anche se non adeguatamente importante. Ritengo però che ci saremmo catapultati in un mondo complesso senza delle garanzie fondamentali come ad esempio la continuità dei finanziamenti. Avere una modalità di finanziamento che subisce gli alti e bassi della Legge Finanziaria non è il massimo per programmare sul medio e lungo termine. In più c’è anche un discorso di organico che non c’era e, mi permetto di dire, non c’è. Sono stati questi gli ostacoli più importanti, quelli che hanno causato la difficoltà per il sistema ad accettare una soluzione simile. Oggi andiamo verso un soggetto tecnico dedicato (l’Agenzia n.d.r.), ma con un percorso legislativo complesso.”

I tentativi di portare l’equitazione, la grande equitazione, all’interno degli ippodromi sinora non hanno dato grandi risultati, eppure si tratta di strutture che avrebbero il potenziale adatto sotto tutti gli aspetti. Ci sono i margini per riprovarci?
“Abbiamo la fortuna di condividere la passione verso questo compagno di sport e di giochi. L’ippodromo è un palcoscenico meraviglioso, ma se vogliamo ha una carenza di contenuti nel senso che tolte le giornate di corse diventano strutture che in molti casi si fa fatica a utilizzare. Pensi che noi ogni settimana abbiamo circa 8/9000 cavalli che sul territorio nazionale si muovono per fare delle gare e anche le nostre esigenze sportive sono molto aumentate in termini di requisiti di impianto per cui non si può pensare a un utilizzo estemporaneo. 
Penso però che ci sarebbero i presupposti per creare all’interno degli ippodromi dei veri e propri circuiti legati all’equitazione. L’ippodromo è un momento di incontro sociale e prima che ci fosse la trasmissione su larga scala delle corse in Tv o su internet era anche un momento di grande aggregazione. Riportare l’ippodromo al centro di questa attenzione sarebbe importante. Si pensi ad esempio ai servizi collaterali...”

Quanto Le manca un grande trionfo dell’equitazione italiana?
“Devo dire che ci difendiamo abbastanza in 3 discipline olimpiche e 9 non olimpiche. Chiaramente quella che è sotto i riflettori è il salto ostacoli. Qui abbiamo un gruppo di 6/7 cavalieri  nei primi 100 del mondo, chi al 20° posto, chi al 30°, ma si consideri pure che ci sono ben 132 nazioni in attività. Naturalmente quello che si insegue è il traguardo della vittoria olimpica per la quale serve una convergenza di eventi favorevoli, ma importante è essere in partita...”

Torniamo a quei due famosi binari... Quali sono le prospettive e le Politiche di collaborazione con il Ministero in particolare per lo sviluppo dell’allevamento del cavallo da sella?
“Certamente negli ultimi anni il rapporto con il Masaf è migliorato. Ottimo il rapporto con la Direzione Generale, ma anche con la filiera politica dei dirigenti fino a quella amministrativa. Rapporti costruttivi. Il problema è che, come ho detto prima, noi rappresentiamo una percentuale molto modesta del comparto all’interno del Masaf. Siamo la cenerentola perché ci sono delle altre priorità. Però abbiamo una controparte che ci ascolta e ci rispetta come organismo tecnico di riferimento. Abbiamo qualche divergenza di obiettivi, ma questo non comporta scontri nei rapporti. Il Ministero ha l’obiettivo di premiare l’allevamento, e quindi gli allevatori, espressione del mondo agricolo. La Federazione ha l’obiettivo di costruire cavalli e atleti campioni e le due finalità non sempre vanno in maniera parallela. La Federazione a un certo punto del percorso sportivo ha interesse a fare una selezione meritocratica e questo non aiuta tutti gli allevatori: Il Ministero invece deve pensare a sostenere proprio quella parte dell’allevamento e qui è il punto dove gli interessi si allontanano, ma è un fatto fisiologico. Nel contempo sugli altri punti riusciamo sempre a trovare un equilibrio anche nelle differenze e ciò perché in questi anni abbiamo trovato un Ministero che dialoga e rispetta.”

Tra le cose che avete fatto assieme c’è quella bella iniziativa riguardante i cavalli a fine carriera? Come è andata? Sarà replicata?
“Assolutamente si, è un problema, quello del fine carriera, che abbiamo anche noi e quindi siamo logicamente sensibili. Chiaro che la differenza è che nell’ippica i cavalli hanno una carriera più breve e quindi possono arrivare da noi ancora nel pieno delle loro forze. Noi abbiamo una filiera dilettantistica e di scuole che allungano il percorso sportivo di un cavallo scalando via, via di livello. La questione è nota. Nell’ippica c’è maggior possibilità di riconversione perché noi abbiamo una carriera lunga, poi con l’aumento del numero degli sport equestri c’è una necessità maggiore di cavalli per tante discipline alle quali possono accedere: Polo, Horseball, Attacchi, ma anche Salto e Completo. E poi l’ultima frontiera dove il cavallo può esprimere valori importanti nei prossimi decenni: il cavallo si sta dimostrando sempre di più un meraviglioso terapeuta. Il cavallo maturo, disintossicato dagli stress della competizione, può dare molto, può essere maneggiato facilmente perché abituato al rapporto con l’uomo e può dare risultati molto importanti. Insomma possiamo fare altro e di più...”
 

 

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